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RATTALINO : GULDA LO SCANDALISTICO
Prezzo: |
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Cod. art.: | 9788887203547 |
Casa Editrice: | Zecchini |
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Disponibilità: | Disponibile |
Peso: | 0,500 Kg |
Servizi
StampaDescrizione
Friedrich Gulda - Lo Scandalistico
Codice edizione: 9788887203547
Friedrich Gulda (1930-2000) è una figura di utopista ma anche una figura tragica. Messosi prepotentemente in luce a sedici anni, già celebre a venti e osannato nell’Europa occidentale come nelle due Americhe e in Giappone, Gulda non era soddisfatto del suo lavoro perché sentiva che il pubblico dei concerti era quantitativamente troppo poca cosa rispetto al pubblico della musica. Il recital, nato con Liszt per un pubblico interclassista, era diventato poi un’istituzione della borghesia. E per Gulda il concerto era una gabbia, egli detestava di presentarsi con addosso il frac, che non era più un abito da sera comunemente adottato ma una divisa, e di suonare per un pubblico che a suo giudizio assisteva al concerto come ad un rito. Pur proseguendo nella carriera che gli dava da vivere, Gulda trovò la sua evasione e la sua ragione di vita, come pianista e saltuariamente come sassofonista, nel jazz, che esaltava la sua creatività e che si rivolgeva ad un pubblico molto più vasto. Negli anni sessanta tentò la strada dell’accostamento dei due mondi - "classico", nella prima parte del recital, jazz nella seconda - fallendo clamorosamente nel duplice scopo di portar aria nuova al pubblico tradizionale e pubblico nuovo alla musica classica. Riuscì invece ad interessare il pubblico dei concerti sinfonici non tanto con il jazz puro, quanto con il suo che accostava stili diversi e che era in sostanza post-moderno, seguito da un concerto di Mozart. Ma anche questa esperienza non fu di lunga durata. Negli ultimi anni tentò l’accostamento della musica classica e della disco-music, trasformando la sala da concerto in una discoteca. Quando morì - stava per compiere i settant’anni - tutte le sue iniziative avevano avuto sì un successo di scandalo,ma non avevano provocato alcun mutamento nel costume concertistico, e la "rigenerazione" del classico attraverso il jazz si era dimostrata alla fine una pura utopia, sincera sì, ed anche sofferta, ma intellettualistica. Discografia a cura di Marco Iannelli
Codice edizione: 9788887203547
Friedrich Gulda (1930-2000) è una figura di utopista ma anche una figura tragica. Messosi prepotentemente in luce a sedici anni, già celebre a venti e osannato nell’Europa occidentale come nelle due Americhe e in Giappone, Gulda non era soddisfatto del suo lavoro perché sentiva che il pubblico dei concerti era quantitativamente troppo poca cosa rispetto al pubblico della musica. Il recital, nato con Liszt per un pubblico interclassista, era diventato poi un’istituzione della borghesia. E per Gulda il concerto era una gabbia, egli detestava di presentarsi con addosso il frac, che non era più un abito da sera comunemente adottato ma una divisa, e di suonare per un pubblico che a suo giudizio assisteva al concerto come ad un rito. Pur proseguendo nella carriera che gli dava da vivere, Gulda trovò la sua evasione e la sua ragione di vita, come pianista e saltuariamente come sassofonista, nel jazz, che esaltava la sua creatività e che si rivolgeva ad un pubblico molto più vasto. Negli anni sessanta tentò la strada dell’accostamento dei due mondi - "classico", nella prima parte del recital, jazz nella seconda - fallendo clamorosamente nel duplice scopo di portar aria nuova al pubblico tradizionale e pubblico nuovo alla musica classica. Riuscì invece ad interessare il pubblico dei concerti sinfonici non tanto con il jazz puro, quanto con il suo che accostava stili diversi e che era in sostanza post-moderno, seguito da un concerto di Mozart. Ma anche questa esperienza non fu di lunga durata. Negli ultimi anni tentò l’accostamento della musica classica e della disco-music, trasformando la sala da concerto in una discoteca. Quando morì - stava per compiere i settant’anni - tutte le sue iniziative avevano avuto sì un successo di scandalo,ma non avevano provocato alcun mutamento nel costume concertistico, e la "rigenerazione" del classico attraverso il jazz si era dimostrata alla fine una pura utopia, sincera sì, ed anche sofferta, ma intellettualistica. Discografia a cura di Marco Iannelli